mercoledì 5 agosto 2009
la crema di zucchine più fotografata del mondo
Paoletta è un vulcano, si sa.
Mentre tutti noi boccheggiamo con 40° C all'ombra lei sta lì a fotografare, inventare sperimentare e studiare.
E una ne pensa cento ne fa eccola a coinvolgere la blogosfera in un giochino estivo niente male uno di quei giochi che preferisco dove non si vince niente di materiale il che ti permette di metterti in gioco a cuor leggero.
Quando ho letto gli ingredienti mi sono subito entusiasmata.
Mi è piaciuta la libertà di poter giocare con i sapori mantenendo però il fil rouge dell'idea originale.
Ho avuto delle perplessità.
Profumi mediterranei certo, ma bisogna stare molto attenti a dosarli bene a fare in modo che la dolcezza delle zucchine non sovrasti e appiattisca il tutto e che i profumi si fondano senza perdere la loro identità.
Roba da niente!
Il segreto secondo me rimane la cottura veloce e con fiamma aggressiva delle zucchine e allo stesso tempo l'intiepidire senza cuocere veramente il resto dei profumi e anche la punta di aceto serve a togliere l'eccessiva gentilezza delle zucchine.
Inoltre io per questo genere di piatti preferisco le zucchine romanesche delicate ma allo stesso tempo incisive senza quel retrogusto amarognolo che connota le altre zucchine.
Le zucchine romanesche sono quelle di color verde chiaro vendute con ancora il fiore attaccato ad un'estremità.
Le mie le ho prese all'orto e non erano proprio fotogeniche ma avendo la fortuna di potere rifornirmi di frutta e verdura dal sapore strepitoso in un vero orto non mi faccio problemi sulla loro fotogenicità.
Il sapore è quello che conta, non trovate?
Inoltre questo contest mi da l'occasione di utilizzare uno dei tantissimi regalini ricevuti da Claudia e di ricordare la bellissima giornata trascorsa insieme.
E così eccomi qua, la ricetta di Paoletta non è stata affatto sconvolta o almeno, non più di tanto.
Come formato di pasta ho scelto la mafalda Garofalo, ruvida una delle paste commerciali che preferisco.
Inoltre mi piace molto la sua storia, è stata inventata a Napoli in onore di Mafalda di Savoia a ricordare i ricci dei suoi merletti.
Ecco la mia versione.
MAFALDA ALLA CREMA DI ZUCCHINE FT. PAOLETTA
Per 4 persone
- 320 gr di mafalda lunga
- 5 zucchine romanesche piccole
- 1 piccola cipolla di tropea
- un cucchiaio di aceto di vino bianco
- una manciata (circa 10) pomodorini ciliegino secchi
- 1 spicchio di aglio
- 15 mandorle con la buccia grossolanamente spezzettate e tostate in una padella antiaderente
- mentuccia romana, origano fresco, basilico
- olio extravergine di oliva
- un pezzetto di peperoncino
- una spolverata di pecorino romano grattugiato
Per la crema.
Saltare velocemente le zucchine tagliate a dadini con la cipolla tritata e l'olio sfumare con l'aceto e lasciare evaporare del tutto.
Passare al mixer e ridurre il tutto in una crema non troppo liscia.
Nel frattempo mixare i pomodorini l'aglio e un pò di olio fino ad avere una salsa grossolana.
Mettere le due preparazioni in padella e saltare il tutto insieme alla pasta già lessata al dente.
Mantecare con il pecorino grattugiato e con le erbe aromatiche tritate.
Servire dopo aver cosparso il piatto con le mandorle tostate
Edito (accidenti alla mia distrazione)
Questa crema è perfetta in accompagnamento a pane tostato per un fresco aperitivo estivo.
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lunedì 3 agosto 2009
Samìe? no Saìme
Non tutti possono essere fortunati come me, specie se questa fortuna consiste nell'avere come baby sitter estiva la figlia del fornaio del paese.
E non tutti possono avere la fortuna di aver regalate 20 bucce (nel mio dialetto: scorce) di cannoli fresche fresche di frittura prodotte dalla mamma della baby sitter.
Come non ne avevo mai mangiate, una sfoglia sottile, leggera, fragilissima a differenza delle altre scorce assaggiate finora dure e spesse da farti passare la voglia.
E allora necessita intervista alla mamma fornaia per scoprire il segreto di quella sfoglia fantastica.
Già l'anno scorso tentai di farmi dare la ricetta delle graffe con la ricotta dal pasticcere dell'unico bar del paese, la risposta fu: "ho pagato 10 milioni di lire per farmi dare la ricetta delle scorce dei cannoli e non ho nessuna intenzione di dare a lei i miei segreti tantomeno a gratis" come si dice in Sicilia "mezza parola" mi sono ritirata in buon ordine senza insistere nemmeno, anche se nei miei occhi sono passati diversi insulti in sovraimpressione.
Ecco il motivo della mia reticenza a chiedere alla signora che invece, gentilissima, mi ha spiegato in dialetto tutta la ricetta per filo e per segno non avendo alcun problema a condividerla.
Spiegando spiegando ecco le sue parole
- 1 chilo di farina di rimacinato
- 100 gr di zucchero
- 100 gr di saìme
- vino bianco quanto basta ad ottenere una pasta da poter tirare con l'Imperia e ricavarne una sfoglia sottile (livello 5) da ritagliare in ovali o in quadrati e chiudere intorno al cannello sigillando i bordi con un pò di albume leggermente sbattuto con una forchetta.
Ovviamente si friggono.
Io amo la mia lingua, quando sono a casa parlo quasi esclusivamente in siciliano ma questo saìme non mi suonava.
Mai sentito, cosa sarà?
Caterina, la baby sitter in erba, ha capito dal mio sguardo che non ne avevo la minima idea, ed è venuta in mio aiuto.
E io che pensavo addirittura ad una marca di prodotto .
Samìe ovvero strutto.
Ora sapete una parola siciliana anche voi.
Edito (e faccio la figura da ignorante)
Daniela mi fa notare giustamente che si dice SAIME e non SAMIE (sempre con l'accento sulla I).
E ha ragione ma per me questa parola oltre ad essere totalmente sconosciuta è anche difficilissima da ricordare.
Edito ancora
Mi hanno chiesto della versione con caffè (in polvere) o cacao.
C'è una signora ad Erice, una signora di mezza età conosciutissima, sia in Italia che all'estero che secondo me non è possibile eguagliare in bravura.
Questa signora si chiama Maria Grammatico e un giorno scriverò un post su lei e sulla sua storia.
Questa signora ha scritto un libro in collaborazione con Mary Taylor Simeti si chiama Mandorle Amare.
Uno dei libri che amo di più.
Vi trascrivo la sua ricetta, non posso dire come siano queste scorce non le ho mai assaggiate ma vi assicuro che Maria Grammatico è una vera e propria istituzione in fatto di pasticceria siciliana.
Ed inoltre questa è la vecchia ricetta del Convento di San Carlo
250 gr di farina di grano duro mescolata a 250 gr di farina 00
2 cucchiaini di zucchero o miele
1 cucchiaino di cacao amaro in polvere
100 gr di burro a pezzi
1 cucchiaio scarso di aceto di vino
1 bustina di vanillina
1 dl circa di acqua
1 albume sbattuto con un cucchiaino di acqua
mescolare in un recipiente le farine, lo zucchero, la vanillina ed il cacao.
Aggiungere velocemente il burro incorporandolo con un coltello (ndr: un pò come si fa con la pasta frolla).
Aggiungere l'aceto e poi l'acqua tanto quanto basta a far rapprendere l'impasto.
Farne una palla, avvolgerla stretta in pellicola e conservare in frigo per almeno 30 minuti.
Divire la pasta in 4 pezzi e per ciascunpezzo fare una striscia sottile di circa 40 * 12 * 0.3 cm.
Ritagliare da ogni striscia degli ovali di pasta da avvolgere per il lato lungo sul tubo da cannolo.
Sigillare i punti di unione con l'albume sbattuto e friggere in olio profondo.
I tubo va sfilato mentre il cannolo è ancora caldo facendo attenzione a non rompere la scorcia.
La resa è di circa 16 cannoli.
E non tutti possono avere la fortuna di aver regalate 20 bucce (nel mio dialetto: scorce) di cannoli fresche fresche di frittura prodotte dalla mamma della baby sitter.
Come non ne avevo mai mangiate, una sfoglia sottile, leggera, fragilissima a differenza delle altre scorce assaggiate finora dure e spesse da farti passare la voglia.
E allora necessita intervista alla mamma fornaia per scoprire il segreto di quella sfoglia fantastica.
Già l'anno scorso tentai di farmi dare la ricetta delle graffe con la ricotta dal pasticcere dell'unico bar del paese, la risposta fu: "ho pagato 10 milioni di lire per farmi dare la ricetta delle scorce dei cannoli e non ho nessuna intenzione di dare a lei i miei segreti tantomeno a gratis" come si dice in Sicilia "mezza parola" mi sono ritirata in buon ordine senza insistere nemmeno, anche se nei miei occhi sono passati diversi insulti in sovraimpressione.
Ecco il motivo della mia reticenza a chiedere alla signora che invece, gentilissima, mi ha spiegato in dialetto tutta la ricetta per filo e per segno non avendo alcun problema a condividerla.
Spiegando spiegando ecco le sue parole
- 1 chilo di farina di rimacinato
- 100 gr di zucchero
- 100 gr di saìme
- vino bianco quanto basta ad ottenere una pasta da poter tirare con l'Imperia e ricavarne una sfoglia sottile (livello 5) da ritagliare in ovali o in quadrati e chiudere intorno al cannello sigillando i bordi con un pò di albume leggermente sbattuto con una forchetta.
Ovviamente si friggono.
Io amo la mia lingua, quando sono a casa parlo quasi esclusivamente in siciliano ma questo saìme non mi suonava.
Mai sentito, cosa sarà?
Caterina, la baby sitter in erba, ha capito dal mio sguardo che non ne avevo la minima idea, ed è venuta in mio aiuto.
E io che pensavo addirittura ad una marca di prodotto .
Samìe ovvero strutto.
Ora sapete una parola siciliana anche voi.
Edito (e faccio la figura da ignorante)
Daniela mi fa notare giustamente che si dice SAIME e non SAMIE (sempre con l'accento sulla I).
E ha ragione ma per me questa parola oltre ad essere totalmente sconosciuta è anche difficilissima da ricordare.
Edito ancora
Mi hanno chiesto della versione con caffè (in polvere) o cacao.
C'è una signora ad Erice, una signora di mezza età conosciutissima, sia in Italia che all'estero che secondo me non è possibile eguagliare in bravura.
Questa signora si chiama Maria Grammatico e un giorno scriverò un post su lei e sulla sua storia.
Questa signora ha scritto un libro in collaborazione con Mary Taylor Simeti si chiama Mandorle Amare.
Uno dei libri che amo di più.
Vi trascrivo la sua ricetta, non posso dire come siano queste scorce non le ho mai assaggiate ma vi assicuro che Maria Grammatico è una vera e propria istituzione in fatto di pasticceria siciliana.
Ed inoltre questa è la vecchia ricetta del Convento di San Carlo
250 gr di farina di grano duro mescolata a 250 gr di farina 00
2 cucchiaini di zucchero o miele
1 cucchiaino di cacao amaro in polvere
100 gr di burro a pezzi
1 cucchiaio scarso di aceto di vino
1 bustina di vanillina
1 dl circa di acqua
1 albume sbattuto con un cucchiaino di acqua
mescolare in un recipiente le farine, lo zucchero, la vanillina ed il cacao.
Aggiungere velocemente il burro incorporandolo con un coltello (ndr: un pò come si fa con la pasta frolla).
Aggiungere l'aceto e poi l'acqua tanto quanto basta a far rapprendere l'impasto.
Farne una palla, avvolgerla stretta in pellicola e conservare in frigo per almeno 30 minuti.
Divire la pasta in 4 pezzi e per ciascunpezzo fare una striscia sottile di circa 40 * 12 * 0.3 cm.
Ritagliare da ogni striscia degli ovali di pasta da avvolgere per il lato lungo sul tubo da cannolo.
Sigillare i punti di unione con l'albume sbattuto e friggere in olio profondo.
I tubo va sfilato mentre il cannolo è ancora caldo facendo attenzione a non rompere la scorcia.
La resa è di circa 16 cannoli.
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