lunedì 27 febbraio 2012

vorrei



e son quaranta. Non è che io e miei compleanni siamo molto amici. Non mi viene da festeggiare perchè sotto sotto l'idea di avere ogni anno un anno di più mi fa incazzare e, puntualmente, ogni anno arrivo impreparata. Che mi manca? Cosa vorrei? Che ne so, mi manca il tempo per me divisa tra un giorno e l'altro tutti uguali, con i figli che ti fagocitano ogni giorno di più e la nidiata è nidiata e mica puoi dire "oggi sono stanca" men che mai "oggi non vi sopporto". Non puoi dire a chi ti sta accanto, "ma come ore e ore di discussioni e il giorno del mio compleanno stai ancora al lavoro e fuori è buio e se devo festeggiare lo devo fare io o gli altri ma di certo non tu" che lo sai anche che l'unico vero regalo che avrei voluto è che avessi tempo per me, almeno oggi pomeriggio. Che almeno oggi mi facessi questa sorpresa senza se e senza ma, almeno per una volta. Vorrei stare da sola, che il mal di schiena almeno per questa notte si scordasse l'indirizzo e non venisse a svegliarmi alle 3 di notte cosa che fa con precisione svizzera da 8 anni. Vorrei che questo non tempo diventasse tempo, tempo vissuto e non tempo che mi scorre addosso tra una richiesta e l'altra, un dovere e un altro. Vorrei che non fosse lunedì e cazzo il parrucchiere è chiuso. Vorrei essere strafiga, saper portare il tacco 12 senza sembrare una papera goffa e truccarmi tutti i giorni. Vorrei che mia sorella fosse qui e che mio papà e Virginia anche che forse mi distrarrei un pò da tutti questi vorrei. Vorrei che la colazione all'Osvy con le amiche e il ciambellone durassero per sempre ammesso che ci sia un per sempre. Vorrei che nessuno mi dicesse che se non cucino più come prima è perchè ad una certa età certi entusiasmi si spengono, senza accorgersi che se non cucino più è perchè ogni tanto ci si spegne dentro. Vorrei una torta come quella di Livia e anche una torta con la Barbie dentro e la gonna di panna rosa. Vorrei ridere di più e pensare di meno che i loop mentali fanno male e poi ti viene la colite. Domani non ci penso più, giuro. torta flickr

giovedì 9 febbraio 2012

tant'è tanto

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No, non è tanto è troppo.
Troppa gente sotto la neve, troppa gente in mezzo al traffico impazzito (anche se stavolta non sono stati quattro fiocchi), tanta la disorganizzazione e tante le polemiche tutte insopportabili, comunque.
Io dal canto mio, con la famiglia numerosa che mi trovo, ho deciso che era il momento di rintanarsi e da brava mamma previdente m'ero fatta la spesa latte compreso fino a martedì, tiè.

Morale, l'occasione fa l'uomo ladro e io sono ladra dentro.
A tavola a pranzo eravamo 18, bambini compresi, un pò meno l'indomani.
Insomma bloccati si, ma soli no.

Domenica ci siamo regalati una passeggiata sotto casa.


neve

Sembra che la neve torni a trovarci, non è che ne sia particolarmente contenta ma alla fine ci si adegua e consola come si può.
E se la spesa è già fatta, la legna è stata aggiunta nella legnaia e gli amici avvisati che fare?

CHURROS

Veniamo al titolo del post. Il fatto è che si tratta di un impasto fatto da farina 00 e la stessa quantità d'acqua bollente leggermente salata.
Tanta farina per tanta acqua.
Stando alla regola potete decidere la quantità che volete.

Il processo è semplicissimo, basta far bollire l'acqua con il sale, spegnere il fornello e scaraventare dentro la pentola tutta la farina in una botta secca.

Difficile? No.

Dopodiche mescolare non badando ai grumi più di tanto e mettere il composto nella churrera, ovvero caccavella da avere assolutamente se andate in Spagna (insieme al ferro da arroventare per la catalana). Friggere in olio profondo e spolverare calde calde di zucchero. Per intenderci la churrera è quel cilindro che tiene la mia bambina nel logo delle caccavelliadi.
La ricetta l'ho trovata nella scatola, nel foglietto illustrativo, a darmi conforto e sostegno è la Cuoca Itagnola una persona scoperta da poco e che gia mi piace.

Vi lascio con una foto di Siviglia a propiziare l'arrivo del bel tempo.

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giovedì 2 febbraio 2012

quattro case e un forno

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La Sicilia si associa spesso all'estate, al sole, al mare. Ma è d'inverno che esprime il suo lato più ancestrale trasformandosi da arida e stopposa in verde e selvaggia. Un pomeriggio natalizio, strappato alle cure ingrassanti nonnesche, alla grotta di Scurati, comune di Custonaci.
Una profonda fenditura nella montagna, all'interno della quale è nato un piccolo borgo quattro case e un forno e una rappresentazione del presepe vivente che è in realtà una rievocazione degli antichi mestieri contadini. Questo post è dedicato ad un'amica speciale


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I panari, i cesti intrecciati che servivano e servono tutt'ora nei lavori in campagna.


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il frantoio

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La spremitura dei favi di miele

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Carte da 100 euro a gogo per una pentola di rame martellato


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il carretto e la coffa.
La coffa è quella cesta di paglia intrecciata che serviva un pò per tutto, spesso conteneva la crusca per il cavallo e s'attaccava al muso dell'animale durante le soste.
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Le travi delle case servivano ad appendere le provviste per l'inverno, meloni porceddi (quelli dalla buccia verde spessa), fichi secchi, aglio, pomodori a pennula, baccalà, pesce essiccato
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il sellaio che più che selle cuciva basti per asini e muli



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Di solito i finimenti degli animali da attaccare ai carretti in Sicioia, venivano decorati con decori colorati.
Pon pon, specchietti, frinze di lana spesso gialle rosse e blu.
Questi sellai Pinterest non lo vedono nemmanco con il binocolo.
Il mio bisnonno inoltre era un sellaio ben stimato.


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E se il bisnonno era sellaio, il nonno in marineria è altro motivo di vanto.
Queste sarde salate lui le faceva sempre.
La nassa per le aragoste ce l'avevamo a casa e il pesce secco appeso a pannocchia era la mia delizia che da bambina rubacchiavo le uova, mentre il nonno l'arrostiva e lo metteva nell'insalata di pomodori.


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Non ricordo mica di che tipo di pesce si tratta.
Sicuramente è una sorta di pesce azzurro che veniva essiccato in estate per essere consumato in inverno.
Il ricordo si ferma ai miei primi 8 anni di vita.


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Tutte le case del borghetto hanno le porte spalancate sulla strada e all'interno sono allestiti queste scene di vita quotidiana.
Lavori femminili...


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Le scarpe le faceva lo scarparo del paese e anche nell'arte scarpariera vanto un bisnonno :)

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I barbieri e le parrucchiere sanno i cacchi di tutti, ora come allora.

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Quando sarò vecchia avrò questa faccia.


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L'agave è una specie di maiale vegetale, ci si facevano gli aghi per i materassi, lo sciroppo e dalle foglie si ricavava una fibra che cardata e cardata diventava filo per le funi e le cime delle barche

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Tempi duri quelli, tempi di fame nera, roba da non esserne nostalgici neanche lontanamente.
Ma anche in queste condizioni al paese ogni tanto passava il puparo e i bambini si perdevano tra le storie di Orlando che voleva "rompere le corna" al cugino Ruggero che gli insidia la bella Angelica a sua volta preda del feroce Saladino.
Finisce sempre nello stesso modo, Orlando ammazza il Saladino, Ruggero e Orlando se le suonano per amore e Angelica che pare cretina ma tutt'altro se ne scappa tra le risate generali.

Sapete che non pubblico le foto delle mie figlie ma avreste dovuto vederle incantate dall'opera dei pupi.

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Giù giù, in fondo alla grotta ci aspetta la sacra famiglia tra lo stupore e la delusione perchè il pupo in grembo a maria non è in carne e ossa e aivoglia a spiegare che sarebbe morto assiderato lui e tutto il bue e l'asinello

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spaghetti cu u torchio, dimostrazione in caccavellis che il nord ed il sud d'Italia sono esattamente la stessa cosa

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Livia non si capacitava del atto che quello strano suono provenisse da una pelle di pecora mentre lo zampognaro dava fiato con impegno ancora maggiore.

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Marta conclude la gita ..Evviva, finalmente è finita e giù di corsa al galoppo fino alla bancarella delle sfince appena fritte, le nostre frittelle di pasta lievitata rotolate nello zucchero e cannella ma questa è un'altra storia


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