giovedì 25 febbraio 2010

Lardiàto


Non so perchè ma nel periodo di carnevale ho fritto (e mangiato) tutto il friggibile tanto da potere ancora imbastire almeno tre post.
Ma del fritto m'è venuta nausea non fosse altro che tutto l'untino è andato nei posti topici ad aggiungersi al lardo precedente e adesso tocca rimediare.
Lo so, non ve ne frega niente, ma a me andava lo sfogo.

La foto secondo me rende giustizia ad uno di quei famosi pesci poveri e spesso bistrattati che fan parte della categoria del pesce azzurro un pò tonno e un pò no tanto da farmi giocare con le foto e trasformarmi in una specie di Davide Dutto de noantri. :)
Ho scattato soltanto foto pre-preparazione perchè da cotto non è che sia esteticamente gradevole, anzi diciamolo è un pò bruttino.

In ogni caso, lo sgombro è uno dei pesci che preferisco in assoluto.
Mi piace in ogni modo, sulla graticola con il salmoriglio, in padella lardiàto, semplicemente bollito.
Ora io non so bene cosa voglia significare Lardiàto fa parte di quelle parole siciliane di cui sconosco l'origine un pò come la saìme che io avevo trasformato erroneamente in saìme.
Ad ogni buon conto, riflettendoci, è lo stesso concetto della cacciatora.
Un'erba aromatica, aglio, aceto, peperoncino e il pomodoro in uso controverso.
E allora che lardiàto sia nella versione di mia mamma, of course.
Vi scrivo il procedimento perchè di dosare l'origano o l'aglio o il pomodoro, proprio non se ne parla.
Fate andare il solito spicchio di aglio in olio evo e a seguire aggiungete gli sgombri lavati e puliti incoperchiate e lasciate stufare 5 minuti.
Aggiungete un pochino di pomodoro pelato, quanto ve ne piace c'è chi adora il sughino e fare scarpetta e c'è chi lo usa solo per colorare appena.
Altri 5 minuti per stufare ulteriormente.
Scoperchiare e sfumare con un goccio di aceto di vino bianco alzando la fiamma per far evaporare velocemente.
Aggiungere un altro spicchio di aglio tritato o spremuto con lo spremiaglio e una spolverata di origano.
Spegnere subito il fuoco.

venerdì 19 febbraio 2010

i cali(n)canti e antù


Eccolo qui il riassunto della serata di ieri.
Si vabbè ridimensioniamoci: serata da Cenerentola che il tempo a disposizione è stato quel che è stato ed è volato.
La cronaca dettagliata della sera, dell'evento e di tutto è stata già descritta dai calicanti e quindi io mi ritiro in buon ordine.
A me rimangono flash di incontri, di mani che si stringono, -Allora sei tu!-, -Ma ti piace la cioccolata?-, -Hai gli stivali della foto!-
La faq più frequente è stata: come si scrive le franc buveur?
I calicanti arrivano e si beccano il loro quarto d'ora di complimenti, mani che sistemano sfoglie da esposizione d'arte moderna che nemmeno Rothko ci avrebbe mai pensato, gabbiette per le galline che le accolgono insieme a mollette da bucato, che questi calicanti son strani forte!
E d'altra parte qual'è l'aggettivo più usato per descriverli?
Geniali.
E ci avete ragione, ci avete.
Ma aggiungerei anche simpatici, intelligenti, spiritosi e tremendamente umani insomma normali se visti da vicino.
E questa è la risposta che ho dato ad Elena quando mi ha chiesto le impressioni sul nostro primo incontro.
La mia risposta, anche piuttosto stupita, è stata: Normali.
Talmente tanto normali che tutti e tre avevano una bella agitazione addosso come si addice ai comuni terrestri.
Certo, vedersi appiccicata ad un muro in compagnia di così tante belle persone fa il suo porco effetto ma tant'è e poi avevo la foto di Alex accanto a farmi coraggio, mica roba da poco e quella esplosivamente sensuale di Elena a far da apripista.
Detto questo devo assolutamente ringraziare due delle tante (belle) persone che ho avuto la fortuna di conoscere o ritrovare ieri.
Il primo dei miei grazie va al mio navigatore satellitare umano in lingua italo-tosco-francese.
Senza di lei non avrei mai raggiunto e oltrepassato la linea Maginot del gazometro.
Merci.
Il secondo va all'architetto di cui strafichissima foto nel post dei calicanti.
Per aver creato con il semplice ausilio di un elastico la più bella delle installazioni di tutta la mostra.
Ti meriteresti un monumento di cioccolato a firma Gay-Odèn e non Gay-òdin :)
Di mio, posso solo aggiungere che è una vita che sogno di fare un calendario e farlo insieme ad Irene mi ha consentito di far la parte della strafiga e pure rotonda, solo con loro avrei potuto riuscirci.

mercoledì 17 febbraio 2010

il fritto proibito


In questi giorni di fritto e di carnevale mi è sempre tornato alla mente il racconto che trovate qui sotto.

Io non so se era fascista o anticomunista, francamente me ne frega niente, so solo che i suoi racconti son belli, puliti, lisci.
Ha raccontato della sua famiglia, della sua vita e del suo mondo con leggerezza e onestà.
Ha raccontato e tutt'ora racconta una normalità di vita fatta di gesti quotidiani e di semplicità inneggiata e vissuta veramente e tanto basta.

Spero abbiate il tempo e la voglia di leggerlo, non fosse altro che non ho mai fritto così tanto in vita mia come in questi giorni.

IL FRITTO PROIBITO p 116


GIOVANNINO GUARESCHI


IO ero scassato come una vecchia Ford: carburazione difettosa, cilindro dello stomaco ovalizzato, circolazione dell'olio irregolare, cuore che picchiava in testa, impianto elettrico che ogni tanto andava a massa.

Ora un piede, ora una mano, ora il cuscinetto di un gomito o di un ginocchio, ora la fanaleria che perdeva uno dei due occhi, ora la testa, ora il naso, ora i denti, ora il giunto cardanico della spina dorsale. Niente andava bene.

Procedevo a bicarbonato, a pillole, a pomate, a gargarismi, a polverine, a DDT, ad alcool, a tintura di jodio, a pasticche, a purganti, a rinfrecanti, a emmolienti, a sulfamidici, a cerotti, a impacchi, inalazioni, a suffumigi, a olio, a nafta, a latte, ad acqua minerale, a sali di frutta, ad infusi, a fosfati, a yogurt.

Parevo un relitto pescato in qualche campo Arar, a quei tempi.

E il guaio è che quei tempoi son quelli di oggi. Comunque, vale il passato remoto anche per non affliggere voi con lo spettacolo dei miei guai presenti. E un giorno convocai tutta la mia famiglia e dissi:

- La situazione è grave, la macchina sta in piedi a forza di fil di ferro e rappezzi, ma io non la posso mandare in officina perchè la macchina deve continuare il suo servizio. Pertanto qualcosa bisogna pur fare per aiutare la baracca: allora da oggi la casa si impianta su questo principio-base: negli altri sei giorni ognuno si regoli a seconda del suo buon senso e della sua discrezione, ma il lunedì il babbo deve poter funzionare come un cronometro.

Il babbo perde nel lavoro la notte della domenica e del lunedì: siccome egli deve lavorare anche nell'intera giornata del lunedì, niente deve ostacolare nella giornata del lunedì la sua marcia. Egli per funzionare come un cronometro ha bisogno di due cose: tranquillità assoluta e vitto adeguato al suo stomaco.

Negli altri sei giorni della settimana il babbo può avere mal di stomaco: il lunedì non lo può avere.

Albertino e la Pasionaria si resero perfettamente conto che non si trattava, da parte mia, di un tentativo di instaurare la dittatura e risposero che, per conto loro, si sarebbero comportati di conseguenza.

La Pasionaria pretese, per evitare ogni possibilità di equivoci, delle delucidazioni di dettaglio:

-Il lunedì- disse- puoi arrabbiarti perchè non trovi la colla sulla scrivania o perchè la carta da disegno e l'inchiostro di Cina li ho adoperati me?-

- No-, risposi- posso arrabbiarmi soltanto per la colla di cui mi servo raramente. Ma dovendo io disegnare il lunedì il fatto di non avere a mia disposizione elementi essenziali quali la carta e l'inchiostro non può essere tollerato-

Va bene,- disse la Pasionaria- Vorrà dire che cambierò il turno.

Albertino aveva una sola questione da sottoporre al mio esame:

-Il Lunedì puoi arrabbiarti se non trovi più arance per la spremuta?- domandò

- No- risposi- La mancanza di premute d'arancia potrebbe compromettere il funzionamento di tutta la faccenda.

- Va bene- disse Albertino tranquillo- mi arrangerò con mele, pere o altra frutta.

Margherita pare non avesse niente da obiettare: ma quando io ritenevo fosse tutto sistemato esclamò:

-Dunque io sono una specie di Lucrezia Borgia che, per sette giorni la settimana, avvelena il marito e alla quale si chiede, in via del tutto eccezionale, di non avvelenarlo il lunedì.

Il senso delle mie parole non era questo e glielo spiegai chiaramente:

- si tratta semplicemente di evitare, nei pasti del lunedì, vivande confezionate in modo non adeguato ai miei disturbi di stomaco. Per esempio basterà che tu il lunedì eviti accuratamente ogni cosa fritta.

Eravamo in cucina e, naturalmente, il mio inchiostro di Cina e i miei pennelli erano lì sulla tavola e la Pasionaria li stava usando per certi suoi lavoretti.

- Oggi non è lunedì- mi spiegò la Pasionaria quando io le chiesi l'inchiostor e un pennellino.

- Lo so,- risposi. -Voglio il mio inchiostro a solo titolo di prestito perchè devo scrivere sul muro, lì a fianco della cucina economica: " il lunedì in questa casa non si frigge!"

Effettivamente scrissi così sul muro e Margherita scosse il capo malinconicamente:

- Ricominciamo con le famose scritte sui muri? - sospirò- Perchè non scrivi pure che il destino dell'Italia è sul mare e che indietro non si torna?

Le rimproverai accoratamente questo suo insopportabile sarcasmo:

- Difendendo il mio stomaco, il lunedì, io difendo il mio lavoro e quindi l'avvenire dei nostri figli.

E venne il primo lunedì dopo la riforma.

Avevo lavorato tutta la notte della domenica e, alzandomi dalla mia sedia, sentii il bisogno di uan buona spremuta di arancia.

Trovai le arance e ce n'era da dissetare un reggimento.

Risalii e mi misi al tavolo da disegno: vidi tutti i miei pennelli in bell'ordine infilati nel vasetto giallo, vidi la boccetta dell'inchiostro di Cina.

Al posto del barattolo della colla trovai un bigliettino della Pasionaria: "la colla è sul mio schiritoio. E' meglio che non ti inquieti e la vai a prendere."

Non mi serviva e perciò nè mi inquietai nè andai a ricuperare la colla.

Tutto funzionava magnificamente e venne l'una.

Suonò il campanello del telefonino interno e, staccato il ricevitore, sentii la voce di Margherita avvertirmi che, se volevo scendere,il desinare era in tavola.

Ma prima di sentire la voce di Margherita, sentii un abominevole odore di fritto.

Qualcuno cercherà di spiegarmi che l'odore di fritto non entrò nel mio studio attraverso il filo del telefono e che, invece, entrò dalle fessure della porta dopo aver invaso tutti i locali del pianterreno ed essere salito trionfalmente su per la scala.
Ma io sono sicuro che il puzzo di fritto lo sentii al telefono, tanto era potente.
Scesi e, tossendo per il gran fumo che trovai in cucina, mi sedetti davanti al mio piatto.
NOn dissi niente, ma di lì a poco rincasò dalla scuola la Pasionaria che, buttata la borsa su una sedia, borbottò:
- Me ho incominciato a sentire la puzza quando ho voltato in viale Romagna. "il lunedì in questa casa non si frigge!"
Margherita che stava ultimando di carbonizzare non so cosa dentro la padella si volse:
- Lunedì?- esclamò angosciata- Credevo che fosse sabato! E' straordinario come il sabato somigli al lunedì, qui a Milano.
Non volli calcare la mano
- I giorni passano così uguali l'uno all'altro che è facile perdere la nozione del tempo.- dissi
-Comunque in avvenire la cosa non potrà più verificarsi perchè io, ogni lunedì mattina, appenderò al muro un cartello con l'avvertimento "Attenzione: oggi è lunedì!"
Mangiai il fritto, ebbi subito il mio mal di stomaco, ma non me ne dolsi perchè ero sicuro che sarebbe stato l'ultimo mal di stomaco del lunedì.
Così venne il lunedì seguente: la mattina presto scendendo in cucina per spremermi le solite arance, appesi sul portamestoli che sta sulla cucina a gas il cartello: "Attenzione! Oggi è lunedì"
All'una scesi e trovai Margherita che stava friggendo.
Allora mi seccai:
- Margherita, -domandai- non hai trovato un cartello con scritto: "Attenzione, oggi è lunedì"?
- Certo, - rispose calma- E' stato un pensiero gentile, il tuo. Già che c'eri potevi scrivere anche: "Domani è martedì". Non ho capito però perchè tu ci tenessi a ricordarmi che oggi è lunedì.
- "il lunedì in questa porca casa non si frigge!" - esclamò la Pasionaria entrando in cucina e buttando la borsa in un angolo.
Margherita allora si ricordò e fu tanta la sua costernazione che io non insistetti.
Mangia anche quella volta il mio fritto ed ebbi il mio mal di stomaco che avvelenò tutto il lavoro del pomeriggio e della notte.
E venne il terzo lunedì post-riforma: sceso per desinare, trovai Margherita che non stava friggendo solo perchè aveva appena finito di friggere.
Non dissi niente e aspettai il ritorno della Pasionaria.
Poco dopo la Pasionaria entrò e buttò la borsa sul termosifone.
- "il lunedì in questa casa non si frigge!"- esclamò con aria di disgusto. - Si frigge soltanto il giorno che viene dopo al domenica e prima del martedì!
Mi volsi a Margherita:
- Non hai trovato il cartello con l'avvertenzadel giorno?- domandai
Margherita spalancò le braccia e levò gli occhi al soffitto:
- Si, rispose. - Si. Ho trovato il cartello del lunedì, ho letto sul muro che il lunedì non si frigge: ma ho pensato che, una volta tanto potevo contravvenire a questo regolamento.
se in questa casa non si può friggere cosa può fare una povera donna a desinare e a cena? Non è forse umano che una povera donna di casa, che non ha fatto corsi specializzati da cuoca, dopo essersi rotta la testa per inventare pietanze non fritte, un bel giorno frigge un pò di cervella?
Era più che umano e io compresi che non potevo più costringere Margherita a sottostare a questo gioco. Mi rivolsi alla Pasionaria:
- il vasetto della biacca che doveva essere sul mio tavolo da disegno?- le domandai
- La biacca non era nei patti- rispose meravigliata la Pasionaria.
- Lo so, -la rassicurai- voglio soltanto sapere dove si trova adesso.
- in fondo alla credenza, vicino al barattolo della salsa di pomodoro- mi spiegò la Pasionaria.
Con la biacca e un pennelletto copersi la scritta: "Il lunedì in questa casa non si frigge!".
- Potevi lasciarla, commentò Margherita- A me non dava proprio nessun fastidio. E poi fanno tanta pena le vecchie scritte coperte che ritornano fuori.
Venne il quarto lunedì dopo la riforma e, all'una, mi sedetti a tavola di ottimo umore.
Margherita aveva cucinato una grossa padella di roba fritta e si sentiva odor di fritto almeno fino a San Babila, ma io ero di ottimo umore.
E quando entrò la Pasionaria ed esclamò: "Il lunedì in questa porca casa si frigge sempre!", io, invece di seccarmi, mi rallegrai ancora di più.
Margherita portò in tavola la solita bigoncia di minestra in brodo, quella che mi piace tanto ma che mi gonfia lo stomaco come un pallone e perciò debbo accuratamente evirala almeno quando sono in pieno lavoro.
-No, grazie- dissi rifiutando la minestra
-Non mangi?- si informò Margherita- Stai poco bene?-
- No mangio però aspetto
Aspettai poco perchè dopo cinque minuti suonarono alla porta e apparve un giovanotto in giacca bianca e con un portavivande tra le mani.
Il giovanotto tolse dal portavivande un piatto di pasta al forno, un piatto di carne in bianco, un piatto di verdura e un piatitno di frutta cotta e li dispose con garbo davanti a me. Poi se ne andò.
Incomincia a mangiare tranquillamente fingendo di non accorgermi che Margherita mi stava guardando con occhi speciali.
- Questo è l'affronto più sanguinoso che un uomo può fare alla madre dei suoi figli!- mi comunicò Margherita con voce piena di angosciosa indignazione- Che un uomo vada a mangiare in trattoria succede, am che un uomo si faccia portare a casa il mangiare dalla trattoria, ciò credo che non sia mai successo.
La pasta al forno era come la volevo io: pochissima, asciuttissima, saporitissima. Finita la pasta attaccai allegramente il resto non curandomi minimamente di Margherita.
E quando ebbi consumato il mio pasto, dissi:
- Margherita, il lunedì io debbo funzionare come un cronometro, non per me ma per l'avvenire dei miei figli e quindi anche per il tuo. Se un destino feroce vuole che il lunedì ci sia sempre roba fritta, io devo girare l'ostacolo ad ogni costo.
Mrgherita mi guardò cupa:
- E' inutile che tu tenti di minimizzare la faccenda, - disse- Io prendo quello che tu hai fatto oggi come l'offesa più turpe.
Quando me ne tornai su a lavorare ci lasciammo su questa base. Ed era una cosa spiacevole ma il mio stomaco funzionò in modo eccellente.
Venne il quinto lunedì e io scesi preparato al combattimento. Non sentii odor di fritto entrando in cucina. Non sentii odor di niente. Qualcuno aveva apparecchiato la tavola ma tutto dava l'idea che nessuno si fosse preso la briga di far da mangiare.
Margherita stava ascoltando la radio. Albertino era fuori in giardino. Arrivò la Pasionaria e anche lei rimase sbalordita:
- Beh!- esclamò di malumore.- adesso non si mangia neanche più in questa schifezza di casa?-
Margherita non le diede retta. Evidentemente la burrasca sarebbe scoppiata tra pochi minuti all'arrivo del garzone con il mio desinare.
Invece non scoppiò niente: giunse il giovanotto con una cesta, ne cavò quattro piatti di pasta al forno, quattro piatti di carne in bianco, quattro piatti di verdura e quattro piatti di frutta cotta. Li mise al posto sulla tavola e se ne andò.
Ci sedemmo a mangiare in silenzio.
Alla frutta cotta Margherita spiegò la situazione:
- è come una liberazione, una volta alla settimana, non aver da ciabattare intorno alle pentole e ai fornelli. E' una vacanza di cui sentivo il bisogno. E poi fa bene una volta alla settimana cambiar cucina.
Non si disse nient'altro e passarono i giorni e arrivò il sesto lunedì dopo la riforma.
>All'una scesi e mi misi ad aspettare seduto alla tavola apparecchiata. Arrivò regolarmente il giovanotto della trattoria che dispose i piatti fumanti sulla tavola: pasta al forno, cervella fritta...
- Come? Roba fritta? -domandai sbalordito al giovanotto.
- Abbiamo fatto come ha ordinato al telefono la signora.- rispose il giovanotto
Quando fummo di nuovo soli Margherita esclamò:
- Sempre roba in bianco, sempre roba in bianco! Ci si stanca ad un bel momento. Bisogna pur cambiare qualche volta!
Il settimo lunedì il ragazzo della trattoria non venne perchè nesusno lo chiamò: io all'una scesi e trovai la casa impregnata del puzzo del fritto.
Entrò poco dopo la Pasionaria che storse il naso ed esclamò:
- Qui va a finire che, se non la piantate con questa storia del fritto, il lunedì me ne vado a mangiare in trattoria!
Nel pomeriggio fatto il pieno di bicarbonato, andai per incominciare a disegnare e non trovai nè pennelli nè inchiostro di Cina nè lapis. Al loro posto c'era un biglietto della Pasionaria:
"Se gli altri fanno quello che vogliono loro ai patti non ci sto più neanche me"
Allora arrivai alla conclusione che, se le cose andavano così, forse era bene che andassero così e mi consolai, misi i miei guai al passato remoto anche se oggi sono le tredici e se folate di fumo nero salgono su dalla cucina e mi portano il più potente odor di fritto che mai naso umano abbia fiutato.
E addirittura ringrazio Dio se, oggi, ai miei cento malanni devo aggiungere anche un raffreddore che mi fa parere semplicemente odore quel puzzo infernale.

domenica 14 febbraio 2010

a tamburo battente e le crisi schizofreniche

Martedì grasso sta per arrivare con tutto il cucuzzaro di fate, principesse, gormiti e tartarughe ninja anche se non mancano i nostalgici dell'indimenticabile Zorro.
E le tre jene che anche sotto il vestito rimangono jene, si ricordano le loro identificazioni e si parte con:
- La bella addormentata nel bosco (Sara), detta la principessa con le crisi di identità affetta da schizofrenia indotta. Eccerto, mettetevi nei suoi panni: nasce e la chiamano Aurora.
Cresce come una contadinella con tre fate svampite che la chiamano Rosaspina (che poi perchè cambiarle nome se nella foresta non passa nessuno) e un giorno le dicono che si chiama Aurora, che è una principessa e che deve sposarsi con un emerito sconosciuto (che poi le va di culo e l'emerito sconosciuto è lo stesso che l'ha concupita nel folto della foresta)...ditemi voi come fa a rimanere sana di mente una così.
- Biancaneve (detta baccaneve da Livia e caccaneve da Marta): praticamente una tossica.
una che per farsi un trip di una settimana se le inventa tutte, anche la storiellina della strega che le affibbia la mela.
ma dai....che poi diciamolo, a me la strega Grimilde m'ha sempre fatto un pò pena. che sfiga...sembra willi coyote, ci prova ci prova e le va sempre male.
- Cenerentola.
l'unica principessa controtendenza. tra una nuvola rosa l'unica a scegliere l'azzurro. Vuoi vedere che..in ogni caso è l'unica dotata di grandioso culo.
In lei trova la sua identificazione Marta, la più piccola, va da se che le altre due sono da considerarsi al pari di Anastasia e Genoveffa.
lo so c'entra poco con le frittelle di riso di cui guduriosa foto in alto.

Ma anche un pezzo di "still life" ha il suo perchè.
Frittelle di riso
(grazie alla zia Giuliana, Montevarchi Valdarno Arezzo dove è conservato ben stretto un pezzo del mio cuore)
- 150 gr di riso (i puristi dicono da minestra a chicco piccolo, io avevo arborio da risotto e quello ho usato)
- 1/2 litro di latte
- un pizzico di sale
- scorza di limone
- 4 cucchiai di zucchero
- 5 cucchiai di farina
- 1 uovo
- 3 cucchiai di vin santo o marsala o passito
- 10 gr di lievito di birra
Lessare il riso in acqua leggermente salata, scolarlo a metà cottura e completare la cottura nel latte e scorza di limone.
Dovrà avere la consistenza di un risotto.
Far raffreddare ben bene e mescolarlo a tutti gli altri ingredienti (uovo,zucchero, farina, vino, lievito).
Lasciare riposare per qualche ora o almeno fino a quando non affioreranno in superficie delle bolle.
Più riposa meglio è, io dopo aver preparato l'impasto nel primo pomeriggio sono stata costretta dalle coliche di Irene a lasciarlo lì fino a sera (diciamo 5-6 ore) e il risultato finale ne ha guadagnato e molto.
Friggere a piccole cucchiaiate

Con grandissimo orgoglio di mamma vi presento le prove tecniche di scrittura e disegno di Livia, 4 anni

giovedì 11 febbraio 2010

attenti che l'olio è bollente e diamo a Cesare quel che è di Cesare

Sempre la solita storia.
Ho due metri quadri di cucina (per chi pensa che io scherzi ecco qua la prova fotografica) e quelle 3 non fanno altro che starmi intorno proprio mentre sto friggendo.
E sono strilli.
Se poi friggo cose questi cosi qui allora gli strilli si raddoppiano, perchè le 3 iene fanno a gara a chi deve rubare i bomboloni dal piatto e se la ridono pure, quelle.
Questo è il quinto anno che mi fregano ma appena posso mi faccio 30 metri quadri di cucina con la porta e mi chiudo dentro, ah signora mia questi figli!!
La ricetta merita una premessa.
E' la ricetta che Rossanina ha pubblicato su Coquinaria nella notte dei tempi.
Credo di ricordare che la famosa Nonna Papera televisiva se ne sia appropriata come al solito (Aridaje) ma mi sono resa conto negli anni che il trucchetto c'è sempre, basta cambiare anche di poco le dosi...che ne so 10 gr in più di zucchero, 10 meno di burro ed et voilà la ricetta cambia, vi pare?
Comunque pur non scrivendo su Coquinaria dal 2001 do a Cesare quel che è di Cesare.
La rete abbonda di ricette di bombe, bomboloni, riproduzioni, reinterpretazioni: io preferisco copio incollare la sua versione ringraziandola perchè tra tutte questa è la ricetta migliore in assoluto ed è sua.
g. 250 farina manitoba,
g. 250 farina 0,
g. 150 di zucchero semolato,
un panetto di lievito (quelli da 25 g.)
ml. 125 di latte tiepido e ml. 125 di acqua (tradizionalmente sono ml. 250 di acqua),
la scorza di un limone non trattato grattugiata,
g. 80 di burro morbido,
un pizzico di sale
Per farcire:
crema pasticcera fatta con mezzo litro di latte e 8 tuorli.
Preparazione:
Sciogliere il lievito nel latte.
Setacciare la farina con il sale, aggiungere metà dello zucchero (75 grammi), il burro e la scorza grattugiata del limone.
Impastare bene bene e lasciate lievitare, coperto, in luogo caldo per due ore.
Rimpastate e stendete la pasta a circa un centimetro di spessore.
(Dopo il rimpasto può darsi che la pasta non si stenda bene. A quel punto aspettare 10 minuti e poi ricominciare a stendere, l'operazione sarà più facile)
Fate dei dischi di circa 7/8 centimetri di diametro e rimpastate i ritagli, fino alla fine della pasta.Lasciar lievitare, coperto da uno strofinaccio e da una copertina per un'oretta.
Friggere a 170°C in abbondante olio fino a quando saranno di un bel marroncino (altrimenti non saranno cotti dentro).
Scolateli su carta assorbente e poi farciteli con un'ottima crema pasticcera.Rotolateli nello zucchero.
Servire tiepidi.

e sempre perchè Cesare è Cesare posso dichiarare senza tema di smentita che la Crema Pasticcera di Paoletta è da paura!!!
(e usa le uova intere, il che non guasta)

Ingredienti:
400 ml di panna fresca
600 ml di latte fresco
1 baccello di vaniglia
4 uova intere
80 gr. di farina
300 gr. di zucchero
1 pizzico di sale

Procedimento:
Metto in un pentolino il latte, la panna e il baccello di vaniglia aperto e porto quasi a bollore.
Nel frattempo in un altro pentolino sbatto bene le uova con lo zucchero e il pizzico di sale. Aggiungo la farina setacciata e mescolo ancora un po', poi aggiungo il latte tutto di un colpo versandolo da un passino a maglie fitte.
Metto a fuoco bassissimo mescolando sempre con una frusta a mano. Spengo quando la crema si è addensata

mercoledì 10 febbraio 2010

Delizie di Onesta Cucina ovvero DOC





Arrossendo, Grazie.
Enza

martedì 9 febbraio 2010

lucide considerazioni tecniche

La storia è lunga e arzigogolata.
Sono anni che cerco di fare la gelatina.
Provo e riprovo con il risultato di salsette liquide, al massimo appena appena consistenti tanto quanto il miele fluido.
Niente.
Poi qualche anno fa, per puro caso, mi capita di filtrare la marmellata appena fatta mettendola in un pantalone.
Non sto scherzando, mai stata così seria in vita mia.
Il mio pantalone di lino bianco, quello estivo, quello bello che ho messo fino a distruggerlo irrimediabilmente è stato trasformato in un paio di sacchetti di tela e continua ad essermi indispensabile.
Insomma, per farla breve, non ricordo che ne ho fatto del liquido percolato ma ricordo perfettamente che il residuo rimasto sul fondo era gelatinoso al punto giusto.
Poi questo input è rimasto nel fondo della mia memoria fino all'arrivo della cassetta di arance.
Provenienza: Trapani.
Terronamente le arance buone vengono solo da lì e guai a chi dice il contrario!
E lì è scattata l'operazione gelatina complici mia mamma e Lenny che mi guarda dalla finestra di fronte.
La ricetta della marmellata proviene da una vecchissima enciclopedia, eccola:
- 1,5 kg arance
- 500 gr di zucchero
- 200 gr di mele
Pelare le arance e tagliarle a pezzetti raccogliendo il succo e la frutta in una pentola.
Sbucciare e tagliare a pezzi anche le mele e metterle nella pentola.
Cuocere fino a che le mele siano tenere.
Passare il composto al passaverdure e rimettere il passato sul fuoco.
Aggiungere le bucce tagliate a striscioline sottili (bastano le bucce di due arance).
Far bollire fino a che abbia raggiunto la consistenza desiderata.
E questa la ricetta originale.
E poi io con i miei soliti two cents.
Le mele non le ho sbucciate nè private del torsolo perchè si sa che torsolo e buccia contengono pectina così come i semi delle arance.
Che mi frega, tanto poi ci pensa il passaverdure.
Ho cotto frutta e zucchero a fuoco dolce intenerendo le mele.
E qui comincia la doppia operazione.
La parola d'ordine è: PERCOLARE
Quest'operazione consiste essenzialmente nel chiudere la frutta cotta con lo zucchero in un sacchetto di tela fitta o in un colino rivestito di garza o in un pantalone e lasciare colare il liquido per almeno 12 ore SENZA SCHIACCIARE LA FRUTTA.
Colerà poco liquido, la resa non è alta, a me su 3 kg di frutta son venuti fuori due vasetti da 150 ml.
Al liquido percolato ho aggiunto le scorzette di arancia e l'ho rimesso sul fuoco e l'ho fatto restringere fino a che non ha assunto una consistenza sciropposa e, mettendone qualche goccia in un piattino proecedentemente raffreddato in freezer immediatamente ha assunto la consistenza della gelatina.
EVVAI!!!
Rimaneva il problema del contenuto del sacchetto.
E allora mi son detta perchè buttarlo, procedo come per la marmellata classica.
E quindi l'ho ugualmente passato al passaverdure e ho proceduto come da copione.
Risultato: 3 vasetti da 150 ml di marmellata di arance morbida e 2 vasetti da 150 ml di gelatina perfettamente gelatinosa.
Altro che la cristal britannica!!!
Penso di provare con qualche altro frutto come le albicocche che ad ogni primavera invadono la mia casa.
E magari percolando percolando e gelatinando gelatinando potrei dare anche una lucidatina al babà di Artemisia AAA
Siccome poi non si butta via niente e m'erano rimaste delle meravigliose bucce di arancia come non provare la Polvere di arancia di Alex cuoca del mio mondo?
Potevo non farmi prendere dal polvevirus?

giovedì 4 febbraio 2010

mater cretinorum semper incinta est


Questa storia ve la devo raccontare.
Mia suocera, conoscendo la mia passione e la mia esperienza in cucina, mi chiede se posso trovare un dolce allo yogurth senza uova e senza burro, tipo plum-cake per intenderci.
La classica domanda del senza senza senza.
Lei sa benissimo come la penso, non esiste un dolce senza senza senza di questo tipo o meglio io non riesco a concepirlo.
Comunque decido di googolare ugualmente, per dimostrare a lei e a me stessa che si può e che sono solo io lo scettico blu del gruppo.
Digito "Dolci senza uova" e potete immaginare quanti risultati son venuti fuori.
Tra questi scelgo un forum di cui non farò il nome, per ovvie ragioni, e apro il post indicato da google.
Ecco una lista lunghissima di dolci "light" e scelgo:

Ciambella allo yogurt
Benissimo, fa al caso mio, facilissima, quattro ingredienti messi in croce.
Detto e fatto: ho tutto.
Dico a mia suocera, leggendo il procedimento, "sarà una schifezza mortale" ma proprio per prova provata mi avvio.
Devo mettere nel mixer (mixer? bah, meglio la frusta a fili) 3 vasetti di yogurt bianco e aggiungere lo zucchero (4 cucchiai), 11 cucchiai di farina, 1 cucchiaio di miele una bustina di lievito per dolci.
Fatto questo avrei dovuto ottenere un composto abbastanza fluido.
A me è toccato diluire il tutto con un pò di latte ma giustifico l'autore pensando che il mio yogurt era abbastanza denso.
Infornare a 200°
200° per un impasto lievitato con lievito chimico? Ma dico, siamo matti??? ha fumato pesante???
Mi rifiuto, non ce la posso fare, 160° modalità statica, tiè.
Questo è il risultato.
Ora ecco spiegato il titolo del post.
Il fatto è un altro.
Io non mi aspettavo un risultato diverso da questo, lo sapevo dall'inizio che avrei buttato dell'ottimo yogurt ma volevo dimostrare la mia tesi.
Se devi fare un plum cake o qualsiasi dolce "sponge" le uova sono imprescindibili.
Se sei a dieta non mangiare dolci che fai prima o se hai problemi di intolleranze cerca delle alternative più valide, ce ne sono tantissime.
Ma soprattutto questa storia mi ha confermato che bisogna stare molto attenti sia a spedire in rete una ricetta che a discriminare tra la marea di input di ritorno.
Secondo me l'idiota che ha scritto sta schifezza non si è nemmeno reso conto che la sua immonda creatura sarà visibile a tutti e che probabilmente verrà rifatta/riproposta da qualcun'altro che oltretutto nemmeno conosci e che ti tirerà addosso tutti i santi del calendario e al quale farà sprecare soldi e tempo.
Il che avvalora ulteriormente la mia duplice tesi.
1. in rete c'è tutto il contrario di tutto e bisogna stare attenti
2. mater cretinorum sempre incinta est
Ah ovviamente l'ultima considerazione: se siete a dieta state lontani dai dolci!!!!
Semmai un giorno Alex si decidesse a rilanciare un ciofeca's award io sarei di sicuro in pole per la vittoria, il che mi consola.

mercoledì 3 febbraio 2010

tempo di percorrenza:30 minuti


Come nasce una ricetta?
Qual'è la parola magica che ti spinge a cercare un nuovo abbinamento, una nuova combinazione a dire "ma si dai, proviamo questo piuttosto che quello?".
Chi può dirlo? Nel mio caso l'ispirazione nasce dall'imput giusto.
Dall'ingrediente fisso intorno al quale far ruotare le idee.
Stracatafottendomene delle teorizzazioni da foodpairing (che poi non ho nemmeno controllato ma vedrai che si trova anche questa).
Oppure dalla fortunata pausa silenziosa di quei 10 minuti trascorsi in macchina, intervallo felice tra il lasciare le bambine a scuola e andare a far la spesa.
Dura la condizione della casalinga obbligata.
E dove nasce una ricetta?
In cucina seguendo il proprio istinto e il proprio naso come foste un cane da trifola.
Un pò di questo, un niente di quello, una caterva di quell'altro.

Ecco.

Diamo una collocazione al tutto.
L'ingrediente fisso: il caffè.
Ora il caffè evoca lo zucchero, dolci strepitosi aromatici essenziali o opulenti.
Ma perchè non provare con il salato?
Ok salato, si ma cosa? carne? no, grazie.
Pesce, si pesce!
Senta, scusi mi dia quell'orata

E da lì...tempo di percorrenza: 30 minuti per inventare la ricetta, eseguirla, assaggiarla...(non vorrete mica che vi rifili una ciofeca pazzesca, vero?) e correre di nuovo a ritirare il Proiettame a scuola.
Qualcuno di voi si starà chiedendo perchè il caffè.

Perchè si, perchè c'è un concorso contest con una motivazione davvero convincente.

Dare una mano a Chef sans Frontieres.
Per tutte le delucidazioni e il regolamento andate da Elga/Semi di Papavero che stamattina Blogger ha la luna storta e non me lo fa copincollare.

Treccia di orata al vapore con zabaione salato e crumble al caffè


- 1 orata di circa 600 gr sfilettata

- per il vapore aromatico:

*3 kumquat
* un pò di radice di citronella essiccata in pezzi (credo sia di origine thai e si trova nei negozi di gastronomia tipo Castroni o nei negozi che vendono alimenti etnici)
* foglie sbriciolate di Keffir Lime
* un pizzico di cannella in polvere
* peperoncino frantumato
* foglie di alloro

per lo zabaione salato:
- 2 tuorli freschissimi
- 3 mezzi gusci di prosecco
- un cucchiaio di olio
- 4 gocce di succo di limone
- niente sale
- un cucchiaino di polvere di caffè macinato di fresco

per il crumble al caffè
- 100 gr di farina
- 50 gr di burro
- acqua frizzante qb
- un pizzico di sale
- un cucchiaino di polvere di caffè


Sfilettare il pesce (oppure chiedere al pescivendolo di sfilettarlo) e tagliare i filetti in lunghe strisce da intrecciare fermando le estremità con un filo di erba cipollina.
Preparare il vapore aromatico mettendo sul fondo della pentola dove accomoderete il cestello gli aromi elencati insieme ad un pò d'acqua.
Mettere sul fuoco e portare a bollore.
Nel frattempo preparate il crumble sbriciolando la farina con il burro e un pochino di acqua fizzante e la polvere di caffè.
dstribuite le briciole su una placca rivestita di carta da forno e infornate a 180° fino a che non abbiano preso colore.

Mettete i filetti di pesce nel cestello della vaporiera e fate cuocere per un minuto spegnete il fuoco e dedicatevi allo zabaione.

Mettete i tuorli in un pentolino che possa andare su un bagnomaria appena fremente.
Cominciate a montarli con le fruste elettriche alla massima velocità.
Aggiungete il vino e continuate a montare, diventerà molto spumoso e gonfio.
Aggiungete l'olio di oliva e le gocce di limone.
No, niente sale avete capito bene, basta la sapidità dal prosecco e la freschezza acidula del limone.

Componete il piatto.